CREDITO DI IMPOSTA PER LA SANIFICAZIONE E ACQUISTO DI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE

CREDITO DI IMPOSTA PER LA SANIFICAZIONE E ACQUISTO DI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE

Il decreto-legge “Rilancio”, n. 34 del 19 maggio 2020 con gli articoli 120 e 125 ha introdotto, nel panorama tributario nazionale, due crediti d’imposta direttamente collegati al COVID-19:
• il credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro, articolo 120 ,
• il credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione, articolo 125 .
Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 10 luglio 2020 e con circolare dell’Agenzia delle entrate 20/E, sempre del 10 luglio 2020, è stata data, rispettivamente, attuazione alle due norme citate e forniti i relativi chiarimenti.
Per quanto riguarda la norma contenuta nell’articolo 125 del Decreto “Rilancio”, n. 34 del 2020, essa ha introdotto un
credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione, al fine di contenere e contrastare la diffusione del COVID-19.
Tale norma è andata a sostituire quella contenuta nell’articolo 64 del Decreto Cura Italia che, di conseguenza, è stata abrogata.
Da un punto di vista soggettivo, rientrano nell’ambito applicativo dell’agevolazione in commento i seguenti soggetti:
• imprenditori individuali e società in nome collettivo e in accomandita semplice, che producono reddito
d’impresa e indipendentemente dal regime contabile adottato;
• enti e società di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell’articolo 73 del DPR 917 del 1986, tra cui sono
ricomprese anche le società di capitali,
• le stabili organizzazioni di soggetti non residenti e di cui alla lettera d), del primo comma dell’articolo 73 del
DPR 917 del 1986,
• le persone fisiche e le associazioni di cui alla lettera c), del terzo comma dell’articolo 5 del DPR 917 del 1986,
che esercitano arti e professioni e che producono reddito di lavoro autonomo,
• gli enti non commerciali, compresi quelli del Terzo settore,
• gli enti religiosi civilmente riconosciuti.
Sul fronte delle spese agevolabili, anche in questo caso due sono le categorie che si possono individuare:
• quelle sostenute per la sanificazione degli ambienti lavorativi o per la sanificazione degli strumenti utilizzati nell’attività, intendendo per tali quelle finalizzate ad eliminare o ridurre a quantità non significative la presenza del virus COVID-19.
Come chiarito dall’Agenzia delle entrate attraverso la predetta circolare 20/E , tale condizione è soddisfatta «qualora sia presente apposita certificazione redatta da operatori professionisti sulla base di Protocolli di regolamentazione vigenti» e con riferimento agli strumenti, essi possono essere sia quelli ad uso sanitario che quelli destinati ad altro uso, ma sempre inerenti l’attività,
• quelle sostenute per l’acquisto dei beni elencati nella tabella che segue.
Beni che se acquistati usufruiscono del credito d’imposta
Dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea
Prodotti detergenti e disinfettanti
Dispositivi di sicurezza diversi da quelli precedenti, quali termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione
Dispostivi atti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli protettivi, ivi incluse le eventuali spese di installazione
Con circolare 9/E del 13 aprile 2020 , l’Agenzia delle entrate aveva già fornito chiarimenti in merito ai dispositivi individuali oggetto di agevolazione, che, se richiesto per norma, devono essere dotati dei requisiti previsti dalla normativa europea, tra cui rientrano:
• mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3, • guanti,
• visiere di protezione,
• occhiali protettivi,
• tute di protezione,
• calzari
Le spese per la sanificazione degli ambienti lavorativi o per la sanificazione degli strumenti utilizzati nell’attività sono agevolabili, secondo l’Agenzia delle entrate, anche se l’attività di sanificazione viene svolta in economia dal soggetto beneficiario, avvalendosi di propri dipendenti o collaboratori, sempre nel rispetto dei Protocolli di regolamentazione vigenti.
In questo caso, l’Agenzia specifica che:
• l’ammontare della spesa agevolabile può essere determinato ad esempio, moltiplicando il costo orario del lavoro del soggetto impegnato a tale attività per le ore effettivamente impiegate nella medesima (documentata mediante fogli di lavoro interni all’azienda),
• possono essere aggiunte anche le spese sostenute per i prodotti disinfettanti impiegati, il tutto purché il costo così determinato possa essere ritenuto congruo «rispetto al valore di mercato per
interventi similari».
Il credito d’imposta spetta nella misura del 60 per cento delle spese ammissibili ma il limite massimo del credito d’imposta può essere di euro 60.000 per ciascun beneficiario e, pertanto, lo stesso credito d’imposta sarà completamente sfruttato una volta che il beneficiario arrivi ad una spesa agevolabile complessiva di euro 100.000.
Da un punto di vista temporale rientrano nell’agevolazione le spese sostenute dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020
e, quindi, anche prima dell’entrata in vigore del Decreto “Rilancio”, 19 maggio 2020. L’Agenzia delle entrate, con la circolare 20/E , fa anche presente che con riferimento all’acquisto di abbigliamento protettivo, dai molteplici usi, non necessariamente correlati alla sanificazione come ad esempio i guanti in lattice, le visiere e gli occhiali protettivi, le tute di protezione, ecc, essi sono agevolabili con riferimento agli acquisti effettuati in tutto il 2020.
Vista l’espressione “spese sostenute nel 2020”, l’Agenzia distingue:
• gli esercenti arti o professioni, gli enti non commerciali e le imprese individuali e le società di persone in
contabilità semplificata, da una parte, e
• le imprese individuali, le società, gli enti commerciali e gli enti non commerciali in regime di contabilità
ordinaria, dall’altra.
Mentre per il primo gruppo di soggetti bisogna applicare il regime di cassa e, quindi, per beneficiare del credito d’imposta occorre fare riferimento al pagamento che deve avvenire nel 2020 ovvero alla registrazione della fattura per i semplificati che adottano il regime della registrazione di cui al comma 5 dell’articolo 18 del DPR 600 del 1973, per il secondo gruppo di soggetti vale il principio di competenza e pertanto, come letteralmente affermato dall’Agenzia delle entrate, il credito d’imposta spetta «indipendentemente dalla data di avvio degli interventi cui le spese si riferiscono e indipendentemente dalla data dei pagamenti».
Il credito d’imposta, successivamente al sostenimento delle spese agevolabili:
• può essere utilizzato in compensazione, attraverso i soli servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate ovvero
• può essere utilizzato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa ovvero
• può essere ceduto, entro il 31 dicembre 2021, anche parzialmente, ad altri soggetti, compresi anche gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, con facoltà di cessione ad altri soggetti ma solo nell’anno in cui è avvenuta la prima cessione. Il cessionario può a sua volta utilizzare il credito esclusivamente nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale la cessione del credito è stata comunicata all’Agenzia delle entrate ovvero in compensazione. La quota di credito non utilizzata nell’anno in cui la cessione è stata comunicata all’Agenzia delle entrate non può essere utilizzata negli anni successivi e non può essere chiesta a rimborso,
• non sottostà ai limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 244 del 2007, • non sottostà ai limiti di cui all’articolo 34, della legge 388 del 2000 ,
• va indicato nel quadro RU della dichiarazione dei redditi,
• non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sul reddito e ai fini IRAP.
Al fine di poter beneficiare del credito d’imposta in esame, il provvedimento prot. n. 259854/2020 richiede l’invio di un’apposita comunicazione, da parte del soggetto beneficiario, all’Agenzia delle entrate, dell’ammontare delle spese ammissibili sostenute e che si prevede di sostenere.
Per l’invio della comunicazione sono previsti tempi brevissimi: dal 20 luglio al 7 settembre 2020.

Il motivo di tale previsione risiede nel fatto che l’ammontare massimo del credito d’imposta concretamente fruibile sarà pari al credito d’imposta richiesto moltiplicato per lapercentuale resa nota con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro l’11 settembre 2020.
COMUNICAZIONE OBBLIGATORIA DELL’INDIRIZZO DIGITALE (PEC) AL REGISTRO IMPRESE
L’articolo 37 del decreto Semplificazioni stabilisce , modificando l’articolo 16 del decreto-legge n. 185 del 2008, che, al fine di «favorire il percorso di semplificazione e di maggiore certezza delle comunicazioni telematiche tra imprese, professionisti e pubbliche amministrazioni», entro il primo ottobre 2020 tutte le imprese devono comunicare al registro delle imprese il proprio domicilio digitale, se non hanno già provveduto a tale adempimento, che non è altro che l’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC).
Oltre al fatto che la “PEC” prende ora il nome di domicilio digitale, attraverso una ulteriore modifica sempre all’articolo 16 del richiamato decreto-legislativo n. 185, e più precisamente al comma 6-bis, in deroga a quanto già stabilito dal primo periodo di tale comma che prescrive che l’ufficio del registro delle imprese che dovesse ricevere una domanda di iscrizione da parte di un’impresa che non ha comunicato il proprio domicilio digitale, al posto di irrogare la sanzione di cui all’articolo 2630 del codice civile , deve sospendere la domanda di iscrizione in attesa del predetto domicilio digitale, dispone ora che, qualora le società non indichino tale domicilio digitale entro il primo ottobre 2020, vengono comunque sottoposti alla sanzione dell’articolo 2630, in misura raddoppiata. Art. 2630 c.c.
Chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese, ovvero omette di fornire negli atti, nella corrispondenza e nella rete telematica le informazioni prescritte dall’articolo 2250, primo, secondo, terzo e quarto comma, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro. Se la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengono nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta ad un terzo.
Se si tratta di omesso deposito dei bilanci, la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata di un terzo.
La nuova norma stabilisce inoltre che oltre all’irrogazione della sanzione, l’ufficio del registro assegna, d’ufficio, un nuovo e diverso domicilio digitale.
Viene anche sostituito il comma 7-bis sempre dell’articolo 16 del decreto-legislativo 185 del 2008 venendo ora disposto che il professionista che non comunica il proprio domicilio digitale all’albo o elenco a cui è iscritto è soggetto «a diffida ad adempiere», entro trenta giorni, da parte del Collegio o Ordine di appartenenza. In caso di mancata ottemperanza alla diffida, il Collegio o Ordine di appartenenza deve comminare la sanzione che consiste nella sospensione dal relativo albo o elenco fino alla comunicazione dello stesso domicilio digitale. Rimane ferma che l’omessa pubblicazione dell’elenco riservato da parte di Collegi o Ordini ovvero il rifiuto reiterato di comunicare alle pubbliche amministrazioni i dati previsti, continuano a costituire motivo di scioglimento e di commissariamento del collegio o dell’ordine inadempiente.

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